Analisi di scenario
La filiera della nautica da diporto include un vasto insieme di attività, soggetti, imprese e professionalità, coinvolte nell’intero “ciclo di vita” del prodotto, classificabili, in termini generali, in quattro macrocomparti: la cantieristica, che fa riferimento alla produzione di imbarcazioni propriamente detta; l’accessoristica, che annovera una moltitudine di forniture, dai materiali, ai componenti per l’assemblaggio, alle attrezzature di bordo, ecc.; la motoristica e il refitting/service, termine che comprende i diversi servizi che si occupano di riparazione, manutenzione e rimessaggio, e che occupano uno spazio economico e funzionale di primo piano all’interno del settore.
I dati a disposizione per il comparto indicano per il 2010 un fatturato globale (ottenuto dall’insieme del fatturato interno, esportazioni ed importazioni della cantieristica, dell’accessoristica, della motoristica e del refitting), pari a 3,4 miliardi di euro, derivanti per l’82,5% dalla produzione nazionale (fatturato interno + esportazioni) e per il restante 17,5% dalle importazioni.
Osservando l’andamento del fatturato globale nell’ultimo periodo, si segnala una sua significativa flessione tra il 2006 e il 2010, pari al -41,4%, determinata da decrementi registrati nel fatturato interno (-50,3%), nelle importazioni (-49,7%) e nelle esportazioni (- 27,7%). La riduzione dell’export più contenuta rispetto a quella dell’import determina un saldo della bilancia commerciale del settore comunque positivo (pari nel 2010 a +1,02 miliardi di euro, anche se in leggero calo rispetto all’anno precedente (+1,11 miliardi di euro); un segnale, questo, positivo, anche in un contesto ancora fortemente condizionato dalla contrazione prodotta dalla crisi.
La crisi economico-finanziaria degli ultimi anni, configurandosi come recessione globale nei Paesi industrializzati dell’Occidente, ha colpito sostanzialmente tutti i settori economico-produttivi, investendo produzione, redditi, scambi e consumi. L’impatto della crisi si è tuttavia manifestato con tempi e intensità differenti nei diversi Paesi e nei diversi settori, sulla base della tipologia di produzioni e/o servizi (ad esempio necessari o voluttuari), nell’economia reale o in quella finanziaria, ma anche nella grande e nella piccola o media impresa.
Nell’ambito nautico appare di interesse l’analisi effettuata tra le aziende del settore da CNA a livello nazionale per la quale risulta che nel 70,3% dei casi che la crisi economico-finanziaria degli ultimi anni ha invertito un ciclo espansivo; soltanto il 21,3% delle imprese intervistate afferma che la crisi abbia invece aggravato una dinamica già negativa, mentre più residuali appaiono le letture della crisi come generatrice di nuove opportunità (3%) o come fenomeno che non ha prodotto ripercussioni significative sul settore della nautica da diporto (5,4%).
Una delle caratteristiche del settore nautico è la presenza, accanto ad imprese che vi lavorano in modo esclusivo, di una vasta rete di professionalità e mestieri applicati alla nautica accanto ad altri ambiti e settori economico-produttivi. Tale diversificazione, al di là di un’incidenza fisiologica probabilmente rilevabile in tutti i settori, si lega a fattori endogeni quali la stagionalità dei diversi segmenti della domanda (costruzione, allestimento, rimessaggio, refit, ecc.), l’alta specializzazione delle professionalità impiegate, spendibile in altri settori della costruzione e dell’arredo e, non ultimo, all’elevato contenuto di ricerca e innovazione dei materiali e delle lavorazioni del settore nautico.
Sul tema della formazione quest’ultimo fattore contiene peraltro un elevato valore strategico competitivo per gli stessi territori su cui insiste un comparto nautico, proprio per la trasferibilità dei contenuti e delle produzioni innovative delle imprese che operano nelle filiere della nautica.
A titolo di esempio, di particolare rilievo appare il tema del refit/service, ovvero, l’insieme delle attività riferibili alla manutenzione ordinaria, ma che in un’accezione più ampia possono prevedere sia la modifica estetica che quella strutturale dell’imbarcazione, costituisce un segmento importante della nautica da diporto, con valori di mercato progressivamente più significativi, tanto più in una fase in cui le difficoltà economiche generali incidono significativamente sugli ordinativi delle nuove costruzioni.
Le diverse fonti disponibili (CNA Produzione, Federagenti, Ministero Infrastrutture, Studi di settore, Ucina, ecc.), concordano nell’assegnare al refit un valore rilevante nella composizione del fatturato nautico, sebbene con stime e letture delle dinamiche in atto non omogenee, legate essenzialmente alle diverse prospettive e metodologie di analisi adottate.
Dai dati disponibili la nautica del refit risulta uno dei pochi settori della cantieristica con un trend positivo, capace di sviluppare nel 2009 un fatturato di oltre 400 milioni di euro e per cui la stessa CNA Nautica ha presentato un progetto in occasione del convegno nazionale di marzo a Viareggio. Tale progetto consiste nella creazione di un brand nazionale per garantire e certificare il service nautico dal post vendita fino alla manutenzione ordinaria e straordinaria, mettendo in rete le aziende italiane specializzate nella manutenzione per disciplinare il settore e per evitare la delocalizzazione anticipando i competitors naturali come Spagna, Grecia e Turchia. Per tale progetto, l’ambito della qualificazione e formazione del personale costituirà un elemento strategico.
Analizzando nel dettaglio l’incidenza del refit sul fatturato nautico emerge un valore medio relativo agli ultimi 3 anni pari al 35% ma con interessanti differenziazioni a seconda delle attività svolte dalle imprese intervistate. Sono le aziende della motoristica, con un peso medio del 63,2%, ad ottenere i maggiori ricavi dalle attività connesse al service e al refit caratterizzandosi per un servizio di assistenza e riparazione che prosegue anche dopo la vendita; così come, ovviamente, le imprese che si occupano proprio di refitting che da questa attività producono il 59,2% del proprio fatturato.